Redazionale

Dedichiamo questo spazio naturalmente a David Gilmour e al suo album On An Island, cercando di esprimere i nostri giudizi personali sia recensendo il CD, sia raccontando la nostra esperienza (molto fortunata) al concerto di Milano! Inoltre potete leggere le news che abbiamo selezionato per voi.


 
David Gilmour - On an Island (EMI 355 6952)

Dopo tanta fremente attesa eccomi qui a commentare brevemente il nuovo lavoro solista di David Gilmour.
Iniziamo dalla veste grafica, la quale salta subito all’occhio per il colore rilassante ed il semplice disegno a cento cover. Abbandonato lo studio Hipgnosis, il lavoro è contenuto in un libretto con copertina rigida, stile volume di enciclopedia, dove al suo interno, oltre al cd con disegno in stile psichedelico su sfondo azzurro, troviamo una ventina di pagine nelle quali sono riportate le liriche delle ballate e i credits del sopporto. I disegni usati per commentare le varie pagine sono molto semplici e particolari, le varie elaborazioni fotografiche colpiscono subito gli occhi di chi le osserva. Se ci aspettavamo la misteriosa, classica ed elaborata grafica floydiana siamo rimasti tutti delusi… la semplicità mi pare che sia parola d’ordine che accompagna “On An Island”. Mettiamo il cd nel lettore ed iniziamo ad ascoltarlo… premetto che il mio umile giudizio è sull’intero lavoro. L’aria che viene fuori da questo lavoro suona molto di “ricordi musicali” i quali appartengono ai vari dischi dei Pink Floyd. Si possono ascoltare schitarrate psichedeliche in pieno stile barrettiano, arie e riff che vengono ripresi ed usati a doc dai vari dischi vedi More, Animals, Whis You Were Here, e non me ne volete, mi pare di ascoltare una specie di riassunto musicale di più di trent’anni di onorata carriera floydiana. La costruzione delle ballate è molto semplice: cantato ed inciso di chitarra, d’altronde lo sappiamo tutti che il buon David non ha la capacità di scrivere testi… lo ha confessato anche lui nelle sue interviste e la moglie Polly Samson lo aiuta in questo compito. Gli amanti della chitarra sono appieno soddisfatti… ce n'é da vendere! Questo non è, e non sarà il disco del nuovo millennio però usando le parole dell’autore “è un cd che ti entra dentro e va a toccare la spiritualità di ognuno di noi”. E a forza di ascoltarlo sarà proprio così, ma non so cosa porteremo con noi, senz’altro sarà un lavoro come i suoi due vecchi lavori solisti e soltanto gli addetti ai lavori li ricorderanno. Dimenticavo… ho acquistato il disco il 6 marzo… BUON COMPLEANNO DAVID!!!

Luciano Cassulo


 
L Isola che (!!!) ce`

Dopo aver ascoltato per la prima volta l'intero ON AN ISLAND, mi é venuto in mente un vecchio brano, tratto da un album del 1980 che ha ben poco a che fare con i Pink Floyd ma in comune il tema dell'isola... Inconsciamente, questa é stata la mia reazione non all'intero album ma ad una buona parte di esso. Sinceramente, avendo giá visto quanti collaboratori siano stati impegnati per questo lavoro ho subito dubitato di poter sperare in un capolavoro e se pensiamo che molti anni fa abbiamo visto la realizzazione di un disco quale The Division Bell, ci potevamo ben aspettare dal nuovo album di Gilmour, "The Voice and Guitar of Pink Floyd", queste sonoritá e questi testi non-molto-movimentati...
Apprezzo molto il fatto che Gilmour parli con entusiasmo del suo album e che definisca i suoi collaboratori amici con cui si sente a suo agio.Senza dubbio le presenze di Rick Wright e Rado Klose danno un tocco magico a questo progetto e poi ci sono il magnifico Manzanera (anche produttore oltre che musicista), Pratt, Holland, Wilson e Wyatt! Il brano piú apprezzabile dell'album, o meglio, quello che preferisco ascoltare, é ON AN ISLAND, per il suo valore musicale, per il racconto molto personale e dettagliato attraverso il testo e per il triste ricordo dei suoi amici perduti. Il brano, che giustamente dá il titolo all'album, é cantato anche Crosby e Nash! A brani come THE BLUE non mi ci potró mai abituare, specialmente alla prima metá, troppo lontano da ció che sono i miei gusti musicali e i miei album modello! La buon parte dei brani sono per la prima metá cantati e si completano con una lunga parte strumentale dove domina la tipica inconfondibile impronta della chitarra.Una piccola parentesi per la parte grafica: non mi aspettavo di vedere Gilmour in copertina rappresentato in posa da sirenetta ma bisogna adattarsi al suo momento. Molto elegante e curatissima la custodia del CD ed il libretto ma fate attenzione a quando prendete il CD: vi si potrebbe scollare facilmente il tondino nero che lo mantiene. Certamente molti di noi hanno ascoltato e riascoltato con attenzione questo album riuscendo a scoprire chi é oggi David Gilmour attraverso i temi dei testi, per fortuna rimane la sua passione per la musica e per la sua chitarra.

Giulia Di Nardo


 
Su un isola (Traduzione)

Ricordi quella notte
Passi bianchi al chiaro di luna
Anche loro camminavano
sul vuoto posto dei giochi, questa cittá dei fantasmi
Di nuovo bambini, su altalene arrugginite che avanzano verso l'alto
Condividendo un sogno su un'isola, ci si sentiva bene

Noi siamo stesi fianco a fianco
Tra la luna e la marea
Disegnando per un momento le stelle

Lascia che la notte ti circondi
Noi siamo a metá strada dalle stelle
Flusso e riflusso
Lasciati andare
Senti il suo calore accanto a te

Ricordi quella notte
Il calore e le risate
Candele bruciate
Per quanto la chiesa fosse deserta
All'alba scendemmo attraverso strade isolate fino al porto
I sognatori possono lasciarci, ma loro sono sempre qui

Lascia che la notte ti circondi
Noi siamo a metá strada dalle stelle
Flusso e riflusso
Lasciati andare
Senti il suo calore accanto a te



 
On an Island

Finalmente, con i tempi di attesa che precedono ogni uscita ufficiale riguardante il gruppo, ai primi di marzo è uscito On An Island il terzo disco solista di David Gilmour, ventidue (!) anni dopo About Face dell’84 e dodici dopo l’ultimo lavoro marchiato Pink Floyd. Ho accolto questa notizia senza particolari gioie perchè non mi aspettavo un disco eccellente e così è stato! Praticamente è stato un gran baccano pubblicitario a partire dall’inizio dell’anno attraverso internet, dove il disco era praticamente ascoltabile quasi interamente ancor prima dell’uscita ufficiale, inoltre filmati promozionali, interviste, news e quant’altro che fa rumore ha accompagnato noi fan nei mesi scorsi, poi la notizia del tour e....ben TRE date in Italia, insomma qualcosa di nuovo di cui (s)parlare! Inoltre una ricca lista di personaggi più o meno noti del circuito floydiano, compreso un rinato Wright e il ripescaggio di Bob Klose. Ma veniamo al prodotto vero e proprio, allora la confezione è molto originale (come piace a me) in cartonato e con il bordo ricoperto di una specie di velluto morbido...insomma un cambiamento rispetto alla solita confezione plastificata...e questo è un punto a favore. Le foto del libretto percorrono i temi dell’album, cioè paesaggi eterei, il chitarrista mano a mano con la moglie, insomma un’atmosfera di pace e beatitudine, quasi a rispecchiare lo stato di vita attuale del chitarrista. E finalmente alle 23.00 di sera posso dare play al lettore, mettermi sul divano e godermi la musica che parte subito con uno strumentale (Castellorizon) che rispecchia i paesaggi illustrati, a seguire le title track, la mia preferita, impreziosita anche dai cori di David Crosby e Graham Nash. The Blue è un pezzo trascinato e cantilenoso, poi si viene sobbalzati da Take a Breath un pezzo semi-energico per tornare con Red Sky At Night a volare e sentire un Gilmour dedicarsi al sassofono. Si passa poi al blues un pò old style con This Heaven per andare verso la new-age di Then I Close My Eyes. L’unico pezzo già edito (Smile) mi ha fatto sentire un pò di aria floydiana, ma molto rarefatta, mentre gli ultimi due brani (A Pocketful Of Stone e Where We Start) mi hanno accompagnato verso le braccia di Morfeo dolcemente! Insomma niente di solenne, un lavoro di un tranquillo ricco sessantenne inglese che si diverte a fare musica e deve far passare il tempo. Ma noi imperterriti continueremo a comprare i suoi dischi e a versare fiumi di inchiostro per dire la nostra.The time is gone. The song is over.

Renzo Drebertelli


 
David Gilmour on an Island Tour Milano 24 Marzo 2006

Dopo la pubblicazione del suo nuovo lavoro solista, finalmente alle ore 21.00 al Teatro Degli Arcimboldi “si è alzato il sipario” sull’attesa prima data del tour italiano di David Gilmour. La cronaca del pomeriggio nell’attesa di David trascorre sotto una fine pioggerellina e con un notevole tasso d’umidità che penetra nelle mie “vecchie” ossa. L’unica grossa emozione del pomeriggio è stata l’apparizione del vecchio Dick Parry, il quale ha autografato alcune copie di vari dischi e poi quasi annoiato, si è allontanato lasciando alcuni di noi, compreso il sottoscritto, a bocca asciutta e senza il desiderato autografo… beh pazienza ho avuto la soddisfazione di vederlo di persona a pochi centimetri da me. Verso le 17,45, scortati da vigili urbani in motocicletta, arrivano due pulmini Mercedes con vetri neri sui quali trovano posto la band, che più tardi varcherà le tavole del palcoscenico del teatro. Scendono tutti molto velocemente per entrare dall’ingresso secondario, gli unici che si soffermano un secondo in più, per salutare frettolosamente la folla presente, sono Rick Wright e naturalmente Gilmour.
Verso le 20,00 entro nel bellissimo teatro e prendo posto per assistere ai circa novanta minuti, compresa la piccola pausa, dell’atteso concerto. Il palco, avvolto dai fumi, è li in bella vista ad attendere gli spettatori, nulla di grandioso, tutto molto sobrio e semplice. Alle 21.00 si sentono i primi effetti di “Castellorizon” e con gli altri elementi della formazione sale sul palco Gilmour, in piena forma e molto smagrito, sarà la sua seconda giovinezza!
La prima parte del concerto è interamente dedica al suo nuovo lavoro, la sua bravura è sempre ineguagliabile, anche se a parer mio la musica è molto piatta, lenta e in alcuni punti noiosa, a parte una piccola parentesi del movimentato brano “Take A Breath”, il quale ravviva questa parte dello show, d'altronde c’era da aspettarselo già ascoltando il Cd. Dopo un piccolo intervallo risale sul palco inforcando la sua Fender rossa ed inizia la seconda parte con il brano “Shine On” ed il pubblico inizia ad andare in delirio. Ogni tanto si notano degli errori da parte dei musicisti ma questo è bello, d'altronde siamo di fronte a persone normali e non a macchine! Anche se ormai siamo troppo abituati bene alla perfezione che i Floyd hanno sempre dato nelle loro esibizioni live, questi errori non guastano affatto. Il brano che davvero ha esaltato tutti i presenti è stato “Echoes”. Eseguito in maniera davvero superba ed mega eccezionale. Wright ha saputo tessere un tappeto molto signorile con le sue tastiere. Sembrava che il tempo fosse tornato indietro di quasi 25 anni, e precisamente ai tempi di Pompei. Dopo due bis, “Wish You Were Here” e la bellissima “Comfortably Numb”, la band lascia il palco osannata dal pubblico presente che li rivuole nuovamente sul palco. Uscito dal teatro stordito dalla potente amplificazione e accecato dal bel spettacolo creato delle luci sono rimasto, e lo sono ancora tutt’ora, soddisfattissimo della grande serata che Gilmour ha dato ai presenti al Teatro Degli Arcimboldi di Milano. Grazie di cuore agli amici che erano con me: Giulia, Mirko, Franco e Roberta.

Luciano Cassulo


 
David Gilmour 24 Marzo 2006 (22 Anni Dopo)

Ebbene si, sono giá passati 22 anni da quel mitico 12 Aprile 1984, quando andai a Lione a vedere David per la prima volta. Ora e' la seconda volta che mi capita di vederlo dal vivo senza i Pink Floyd, e tante cose sono cambiate. La cosa piu evidente e' che lui e' invecchiato, ma a chi non succede ? I suoi stessi gusti sono cambiati e questo e' percepibile dalle sonorita' del suo terzo album solista, cosi diverso dagli altri due. La band e' cambiata, questa volta si e' portato a dietro un bel pó di professionisti, a partire da Rick Wright, al quale e' stata riservata una grossa ovazione, per poi proseguire con Phil Manzanera (dei Roxy Music) ed il mitico Dick Parry (e si chi dimentica il suo magico Sax in Dark Side ?). Poi un'altra tastiera addizionale (ma ce n'era verambente bisogno ?), un bassista e un batterista, quest'ultimo sicuramente non all'altezza del resto del gruppo. Il concerto si e' articolato in due parti, nella prima della quale, durata circa un'ora, ci ha "propinato" tutto "On an Island". Non mi dilungo nell'elencare i brani da lui suonati, basta guardare il retro dell'omonimo cd per conoscere la scaletta. Di questo cd e di questa prima parte del concerto, ricordero' solamente la canzone che da il titolo all'album. Dopo 20 minuti di pausa, eccoli ritornare per la seconda parte, che io definisco il VERO concerto (non per niente durato un'ora e mezza). Giá dalle prime note si riconosce un attacco classico, "Shine on you crazy diamond", ed e' subito ovazione. Tra lo stupore generale (alla maggior parte sono stati necessari parecchi secondi prima di riconoscerla) ecco seguire una bellissima quanto mai inusuale "Wot's... uh the deal", che ci
riporta indietro di 34 anni, ai tempi di un disco che sicuramente meritava piu successo di quello che in effetti ha avuto. A seguire "Wearing The Inside Out" (cantata da Rick) e "Coming Back To Life". Purtroppo le note dolenti per la batteria sono risaltate nella trilogia "Breathe/Time/Breathe reprise", dove all'entusiasmo scaturito dalle prime note di "Breathe" e' seguita la delusione della parte iniziale di "Time", dove il batterista ha dimostrato di non essere all'altezza dell'importanza del brano. A "High Hopes" e' seguita, tra l'entusiasmo di tutti i presenti, una inaspettata "Echoes" di 21 minuti. Inutile dire che e' stata subito riconosciuta al primo "ping". Visto il protrarsi del concerto, ero ormai sicuro che l'avrebbe tagliata, invece e' stata eseguita tutta fino alla fine. Veramente un momento memorabile. Il bis programmato, ha fatto sentire la mancanza di Roger. Infatti a "Wish you were here", e' seguita "Comfortably Numb", che, come ho gia detto in passato, senza una delle due voci originali, e' bella a meta'. Nulla da eccepire sull'assolo finale, ovviamente. Gilmour e' sempre Gilmour. In definitiva, un'ottima serata, una seconda parte che da sola valeva il prezzo del biglietto (salato) e l'opportunita' di aver rivisto anche vecchi amici, tra cui la redazione di Us and Them.
Un'ultima nota: ho saputo, a posteriori, che il giorno dopo, David ha cambiato la "scaletta", sostituendo "Wot's... uh the deal" e "Coming Back To Life" con "Dominoes" e "Fat Old Sun". Peccato. Averlo saputo prima, sarei potuto andare ad entrambi.

Lucilio Batini


 
Big Gilmour!

Innanzitutto mi ritengo molto fortunata di aver potuto assistere (in quarta fila!) al primo concerto milanese di David Gilmour, il 24 marzo 2006 e in particolare devo ringraziare gli amici Luciano e Mirco! La scaletta della serata é stata la seguente:

(Primo tempo)
Castellorizon
On An Island
The Blue
Red Sky At Night
This Heaven
Then I Close My Eyes
Take A Breath
Smile
Pocketful Of Stones
Where We Start

(Secondo tempo)
Shine On You Crazy Diamond
Wot's... Uh The Deal
Wearing The Inside Out
Coming Back To Life
Breathe
Time
Breathe (Reprise)
High Hopes
Echoes

(Bis)
Wish You Were Here
Comfortably Numb

La prima parte del concerto é stata emozionante, soprattutto per il caloroso saluto del pubblico a Rick Wright ma anche perché l'album eseguito dal vivo é risultato per molti di noi migliore, piú coinvolgente della versione in studio. Ci accorgiamo che Gilmour non é in forma con la voce ma all'inizio non si nota molto. Dopo la pausa, il pubblico diventa piú concentrato perché, a detta di molti "inizia il vero concerto"! Dopo una bella versione di Shine On You Crazy Diamond, un pezzo riscoperto da Gilmour e riportato dal vivo per il piacere di ogni buon fan: Wot's... Uh The Deal. Con Wearing The Inside Out arriva il momento di Wright che, come sempre, esegue supremamente uno degli ultimi brani validi dei Pink Floyd. Fino a High Hopes il concerto scorre con entusiasmo, ma quando inizia ECHOES e fino alla fine, c'é nell'aria una grandissima gioia e sorpresa per la particolare esecuzione, veramente unica. Tutti pensiamo la stessa cosa: solo con l'esecuzione di Echoes Gilmour si é guadagnato la grande stima da parte del pubblico. Anche il bis scorre veloce, ma ancora una volta mi sembra noioso che il pubblico sia sempre pronto a cantare in coro WYWH.
Ci teniamo ben stretti i tour programme e i biglietti, la serata, indimenticabile, sembra volata. Grande concerto, BIG GILMOUR, THANK YOU!!!!!!!!

Giulia Di Nardo



 
A Proposito di On an Island

Scusatemi per questo mio sfogo, ma questa riflessione mi è scaturita dopo il concerto di Gilmour.
Trascorrendo il pomeriggio a chiacchierare con le persone presenti mentre si attendeva l’arrivo di Gilmour, si commentava il suo nuovo lavoro solista. Come ho scritto nella mia recensione, il lavoro solista di Gilmour non mi è piaciuto molto perché è troppo pieno di trascorsi musicali floydiani. Personalmente considero molto di più il vecchio lavoro solista “About Face” che questo “On An Island”. Se esamino il Cd nell’odierno e scarno mondo musicale il lavoro è da considerarsi buono, ma se solo mi soffermo un attimo a pensare a chi gli ha dato i natali, il disco non mi dice nulla di nuovo, pur sempre riconoscendo la sua grande bravura come chitarrista.
Spiegato questo, ho notato che parecchi fan adorano questo lavoro, lo considerano un ottimo Cd e, rispettando a pieno i loro gusti, mi guardavano in modo strano per aver espresso un giudizio negativo.
Allora mi sono posto queste due domande:
1) Non è che per essere un buon fan bisogna accettare sempre tutto quello che ci viene proposto dai nostri beniamini musicali?
2) Dire che non piace una cd, non vuol mica dire che non sono un ottimo fan?
Essere un fan, secondo me, comporta di mostrarsi imparziali e dire la propria idea, e penso che le migliori critiche possano provenire da tutti noi che seguiamo “da vicino le gesta eroiche dei nostri eroi”. Ecco la motivazione delle due domande che ho riportato qui sopra, a cui spero di trovare presto una risposta, e magari aprire un dibattito con chi legge questa mia riflessione.
Concludendo torno a ribadire che rispetto a pieno le persone e tutte le loro idee, e vi chiedo una piccola cortesia… non lasciatemi “su un’isola” ad annoiarmi se non la penso come voi!

Luciano Cassulo


 
News in Rete - Articoli il Giorno - Foto Romane - Mojo

NEWS IN RETE
THE DUB SIDE OF THE MOON
PINK FLOYD E IL PROGRESSIVE
SITO UFFICIALE ITALIANO DI GILMOUR
PULSE ANCORA RIMANDATO
PARALIMPIADI DI TORINO
KORN LIVE AND RARE
CONCERTO DI GILMOUR A NEW YORK
INTERVISTA A GILMOUR SU PANORAMA
A cura di Fabrizio Taricco

Articoli pubblicati sul quotidiani Il Giorno
David Gilmour, Milano 24-3-2005, il Giorno
David Gilmour, Milano 25-3-2005, il Giorno

FOTO ROMANE!
Il nostro amico Stefano Tarquini ha assistito al concerto di Gilmour a Roma del 26 marzo 2006, qui potete vedere le sue foto:
http://utenti.lycos.it/steven62/forum.htm

A questo link potete trovare un articolo pubblicato su Stefano
http://utenti.lycos.it/steven62/mylife.htm

MOJO - APRILE 2006
Il numero 149 di Mojo dedica la copertina a Gilmour con una sua vecchia foto...
Contiene una lunga intervista esclusiva e molte foto, vecchie e nuove distribuite in 15 pagine.



 
Articolo pubblicato sul quotidiano La Stampa del 26 marzo 2006

David Gilmour In Tour Senza Poter Rinunciare Al Peso Del Mito
ANCORA PINK FLOYD BRAVI E DANNATI COME FOSSERO FAUST
Il concerto al teatro degli Arcimboldi tra torpore caraibico e trionfo del classico. E presto arriverà anche Roger Waters.

Marinella Venegoni
inviata a MILANO
Naturalmente, David Gilmour& Roger Waters difficilmente rifa-ranno ditta. I Pink Floyd appar-tengono al passato: ma da classi-ci dei nostri tempi, la loro musica (sempre amatissima) ha il privile-gio di esser eseguita dagli autori, ciascuno arroccato nel proprio ego e corroborato da una propria band, con il solo tastierista Rick Wright come anello di congiun-zione fra due vite che procedono ormai parallele. Il repertorio è più o meno comune: se Roger Waters, reduce dai modesti fasti dell'impegnativa opera lirica«ça ira», va in tournée rispolverando il visionario «Dark Side of the Moon» dal prossimo 2 giugno (partenza dal «Lisbona Rock in Rio», in Italia impedibile Verona il 4 e 5 giugno, Palermo il 6, Roma il 16 e Lucca il 12), David Gil-mour - direbbe la Carrà - è qui, e l'altra sera al teatro degli Arcim-boldi (replica ieri, stasera a Ro-ma) ha deliziato un parterre di fedelissimi, non suoi ma dei Pink Floyd: dannazione faustiana per gente come lui (e come Waters) che ambisce affrancarsi dalla pe-santezza della propria storia arti-stica inzuppata nel mito, ma poi è costretta a ricascarci dentro se vuole ancora lasciare il segno.
Sì, perché Gilmour da circa un mese, in concomitanza con il sessantesimo compleanno, ha da-to vita a un disco scritto con la moglie Polly («On An Island») dove l'atmosfera è senz'altro pinkfloydiana, però nel senso de-gli ultimi lavori abbarbicati al formalismo, dei pomposi e deca-denti «A. Momentary Lapse Of Reason» e (più ancora) «The Divi-sion Bell». Questo album non è disprezzabile, la chitarra di Gilmour è in solida forma, ma man-ca quella magica aura di coscien-ziosa follia dei tempi in cui i Pink Floyd erano David & Roger, il gat-to e la volpe, ognuno alle prese con i propri fantasmi. Insomma, una bella conchiglia da collezio-ne che però ha dimenticato il profumo del mare.
E il concerto ben mostra le differenze fra il Gilmour solista e quello ripudiato che stava nella leggendaria ditta. In un tifo da stadio che scalda il teatro, la prima parte è dedicata all'intero «On An lsland» eseguito dal vivo, e se non si può non ammirare la perizia del chitarrista (davvero uno dei 5 che contano al mondo), finisce per innervosire l'atmosfe-ra ambient, con quell'aria di torpore caraibico che permea pure i testi e tanto bene testimonia la militanza della dura vita da star, sull'amaca in spiaggia. David si rende conto. Le sue dita scorrono agili sulle corde alla ricerca di note ipnotiche e incantate che accendano squarci di vita sopra il rombo delle tastiere; si cimenta pure al sax in «Red Sky At Night», anche se il trionfo del sassofono appartiene per tutta la sera all' osannatissimo Dick Parry.
Il secondo tempo è un autenti-co trionfo del classico. A differen-za di «On An Island», emana profumo di gioventù e scuote la compassata figura in nero davan-ti al microfono, esalta le sue chitarre e i componenti doc della band (l'ottimo Phil Manzanera dei Roxy Music alla chitarra, il bassista Guy Pratt, il batterista Steve di Stanislao, il tastierista -con Wright - Jon Carin, più Par-ry). Fasci di luce perfetti nel loro minimalismo e amplificati da specchi, irradiano la storia della psichedelia. Prende più senso con alcuni testi la voce di Gil-mour (anche Wright si reimpos-sessa del comune repertorio, un po' dimessamente, in «Wearing The Inside Out») e, pur non rinun-ciando a pezzi di «The Division Bell», si apre un'atmosfera densa e compatta di musica che oggi nessuno sa più né sognare né suonare. Ecco l'omaggio a Barrett di «Shine On Your Crazy Diamond» (con uno spettacolare cambio di sax di Parry), il medley di «Breathe» e «Time» (con i loro repertori rumoristici della sve-glia e dell'orologio, e David alla pedal steel). Un'infinita e pirotecnica «Echoes» lasciata alle sole voci dei due P.F. in un delirio di suoni e luci stroboscopiche. Chiu-sura in bis con «Wish You Were Here» e «Confortably Numb»; e stordimento generale per aver potuto rimettere le orecchie den-tro un mondo che lascerà il segno per molti e molti anni ancora.