Articolo pubblicato sul quotidiano La Stampa del 26 marzo 2006

David Gilmour In Tour Senza Poter Rinunciare Al Peso Del Mito
ANCORA PINK FLOYD BRAVI E DANNATI COME FOSSERO FAUST
Il concerto al teatro degli Arcimboldi tra torpore caraibico e trionfo del classico. E presto arriverà anche Roger Waters.

Marinella Venegoni
inviata a MILANO
Naturalmente, David Gilmour& Roger Waters difficilmente rifa-ranno ditta. I Pink Floyd appar-tengono al passato: ma da classi-ci dei nostri tempi, la loro musica (sempre amatissima) ha il privile-gio di esser eseguita dagli autori, ciascuno arroccato nel proprio ego e corroborato da una propria band, con il solo tastierista Rick Wright come anello di congiun-zione fra due vite che procedono ormai parallele. Il repertorio è più o meno comune: se Roger Waters, reduce dai modesti fasti dell'impegnativa opera lirica«ça ira», va in tournée rispolverando il visionario «Dark Side of the Moon» dal prossimo 2 giugno (partenza dal «Lisbona Rock in Rio», in Italia impedibile Verona il 4 e 5 giugno, Palermo il 6, Roma il 16 e Lucca il 12), David Gil-mour - direbbe la Carrà - è qui, e l'altra sera al teatro degli Arcim-boldi (replica ieri, stasera a Ro-ma) ha deliziato un parterre di fedelissimi, non suoi ma dei Pink Floyd: dannazione faustiana per gente come lui (e come Waters) che ambisce affrancarsi dalla pe-santezza della propria storia arti-stica inzuppata nel mito, ma poi è costretta a ricascarci dentro se vuole ancora lasciare il segno.
Sì, perché Gilmour da circa un mese, in concomitanza con il sessantesimo compleanno, ha da-to vita a un disco scritto con la moglie Polly («On An Island») dove l'atmosfera è senz'altro pinkfloydiana, però nel senso de-gli ultimi lavori abbarbicati al formalismo, dei pomposi e deca-denti «A. Momentary Lapse Of Reason» e (più ancora) «The Divi-sion Bell». Questo album non è disprezzabile, la chitarra di Gilmour è in solida forma, ma man-ca quella magica aura di coscien-ziosa follia dei tempi in cui i Pink Floyd erano David & Roger, il gat-to e la volpe, ognuno alle prese con i propri fantasmi. Insomma, una bella conchiglia da collezio-ne che però ha dimenticato il profumo del mare.
E il concerto ben mostra le differenze fra il Gilmour solista e quello ripudiato che stava nella leggendaria ditta. In un tifo da stadio che scalda il teatro, la prima parte è dedicata all'intero «On An lsland» eseguito dal vivo, e se non si può non ammirare la perizia del chitarrista (davvero uno dei 5 che contano al mondo), finisce per innervosire l'atmosfe-ra ambient, con quell'aria di torpore caraibico che permea pure i testi e tanto bene testimonia la militanza della dura vita da star, sull'amaca in spiaggia. David si rende conto. Le sue dita scorrono agili sulle corde alla ricerca di note ipnotiche e incantate che accendano squarci di vita sopra il rombo delle tastiere; si cimenta pure al sax in «Red Sky At Night», anche se il trionfo del sassofono appartiene per tutta la sera all' osannatissimo Dick Parry.
Il secondo tempo è un autenti-co trionfo del classico. A differen-za di «On An Island», emana profumo di gioventù e scuote la compassata figura in nero davan-ti al microfono, esalta le sue chitarre e i componenti doc della band (l'ottimo Phil Manzanera dei Roxy Music alla chitarra, il bassista Guy Pratt, il batterista Steve di Stanislao, il tastierista -con Wright - Jon Carin, più Par-ry). Fasci di luce perfetti nel loro minimalismo e amplificati da specchi, irradiano la storia della psichedelia. Prende più senso con alcuni testi la voce di Gil-mour (anche Wright si reimpos-sessa del comune repertorio, un po' dimessamente, in «Wearing The Inside Out») e, pur non rinun-ciando a pezzi di «The Division Bell», si apre un'atmosfera densa e compatta di musica che oggi nessuno sa più né sognare né suonare. Ecco l'omaggio a Barrett di «Shine On Your Crazy Diamond» (con uno spettacolare cambio di sax di Parry), il medley di «Breathe» e «Time» (con i loro repertori rumoristici della sve-glia e dell'orologio, e David alla pedal steel). Un'infinita e pirotecnica «Echoes» lasciata alle sole voci dei due P.F. in un delirio di suoni e luci stroboscopiche. Chiu-sura in bis con «Wish You Were Here» e «Confortably Numb»; e stordimento generale per aver potuto rimettere le orecchie den-tro un mondo che lascerà il segno per molti e molti anni ancora.